A chi interessa la verità?

di Filippo Cavalliere, rePlanet Magazine

La plastica ha completamente trasformato il nostro vivere quotidiano ed è presente nella maggior parte degli oggetti che ci circondano. E’ ormai impossibile farne a meno per le sue caratteristiche igieniche, di leggerezza, di praticità… e soprattutto di riciclabilità.

Eppure la campagna di demonizzazione di questo prezioso materiale è sempre accesa, spesso fondata su pregiudizi e falsi miti e caricata negativamente da fake news che non fanno che aumentare la confusione e la disinformazione. I social media sono oggi la fonte primaria di notizie e ne siamo talmente bombardati che fatichiamo ad attuare una lettura critica, a volte per pigrizia, a volte perché già assuefatti a certi luoghi comuni inculcati proprio da questo eccesso di informazioni che, secondo gli psicologi, limita la nostra capacità di elaborazione e di comprensione e addirittura di prendere decisioni.

La verifica dei fatti, il ‘fact-checking’ nel lessico del giornalismo, è un lavoro faticoso e complesso. E’ molto più semplice credere a ciò che ci viene propinato, fingendo di non sapere di essere caduti nella trappola della manipolazione delle idee e delle opinioni. Una lettura interessante relativamente alla diffusione di notizie false sulla plastica è il libro The Plastics Paradox: Facts for a Brighter Future – scaricabile gratuitamente da Internet – di Chris DeArmitt, esperto autorevole su questo tema, con un dottorato di ricerca in chimica, membro onorario della Royal Society of Chemistry, e consulente di numerose società della lista Fortune 100.

Lo scienziato ha speso 1000 ore non pagate per leggere oltre 2000 articoli sottoposti a pre-review per confrontare ciò che gli scienziati dicono e quello che ci è stato detto online, scoprendo una enorme quantità di bufale e di inesattezze, prese per verità anche dalla stampa che riporta sulle proprie testate notizie assolutamente non verificate solo per generare scalpore.

DeArmitt afferma, da scienziato, che l’unico modo per sapere qual è il materiale che causa il minore impatto è quello di esaminare le analisi del ciclo di vita (LCA), che considerano energia, anidride carbonica, rifiuti, inquinamento e altri fattori coinvolti nella produzione dei materiali e nell’utilizzo dei prodotti che ne derivano. Da qui si scopre che un pezzo di legno di solito è più ecologico della plastica, ma non possiamo realisticamente produrre la maggior parte degli articoli in legno, anche per le evidenti conseguenze della deforestazione.

Quando si tratta di altri prodotti, si scopre che la carta, il cotone, il metallo o il vetro sono più dannosi in quasi tutti i casi. E ancora. Ci dicono che stiamo annegando nella plastica, ma la plastica rappresenta meno dello 0,5% dei materiali che utilizziamo e dei rifiuti che creiamo, eppure quasi il 100% della nostra attenzione si rivolge sulla plastica, ignorando completamente il 99,5% del problema.

La gente incolpa la plastica e i produttori per i rifiuti, ma gli studi dimostrano che sono le persone a causare i rifiuti. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’81% dei rifiuti viene gettato a terra intenzionalmente, anche quando c’è un cestino nelle vicinanze. Allo stesso modo, i rifiuti delle spiagge provengono principalmente dai turisti presenti sui lidi, secondo verifiche scientifiche. Il resto è costituito da attrezzi da pesca spiaggiati dall’industria della pesca. Incolpare aziende, prodotti o materiali è ingiusto e controproducente.

E’ ormai evidente che il problema della plastica è il suo smaltimento, non il materiale in quanto tale. La ritroviamo dispersa nell’ambiente per l’uso irresponsabile che ne facciamo, abbandonandola ovunque, mentre potrebbe essere in molti casi completamente riciclata o utilizzata per altri scopi. Al contrario, è appurato che il materiale plastico offre opportunità illimitate di utilizzo e riutilizzo, e presenta un vantaggio assoluto per l’ambiente, in quanto ha sostituito materie prime molto più impattanti sull’ecosistema.

L’industria si sta attrezzando per aumentare l’efficienza dei sistemi di riciclo anche con processi altamente innovativi, ma il metodo principale per risolvere il ‘problema della plastica’ rimane quello di modificare il comportamento umano tramite una ‘cultura’ della gestione dei rifiuti che preveda anche sanzioni e incentivi, impegnandoci tutti in prima persona per combattere una inciviltà diffusa e la mala-informazione.

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